In Sardegna, due mondi apparentemente distanti come turismo e agricoltura si rivelano sempre più complici, in una sinergia che può rappresentare la chiave per lo sviluppo sostenibile dell’isola. L’identità agroalimentare sarda, fatta di produzioni autentiche e trasformazioni artigianali, sta diventando un elemento determinante per attrarre un turismo di qualità e per combattere la storica piaga della stagionalità.
Il valore delle produzioni agricole sarde, dalla filiera del grano a quella del formaggio, dal vino all’olio extravergine, non si misura soltanto in termini economici, ma soprattutto culturali. Ogni prodotto racconta una storia, ogni sapore è un invito a scoprire il territorio. La trasformazione artigianale delle materie prime, dalla panificazione tradizionale alla lavorazione delle carni e dei latticini, rappresenta un patrimonio unico che può diventare attrazione turistica in sé.
Le esperienze legate all’enogastronomia locale sono oggi tra le più richieste dai viaggiatori consapevoli e desiderosi di autenticità.
Le visite nelle aziende agricole, le degustazioni guidate, le cene nei campi o nelle cantine: tutte queste proposte stanno cambiando il modo in cui si vive la Sardegna, superando il classico binomio sole e mare. Per affrontare la sfida dell’allungamento della stagione turistica, la Sardegna deve puntare con decisione sulla valorizzazione delle produzioni locali e sul consumo a chilometro zero. L’offerta gastronomica basata su materie prime locali può essere la leva per attrarre visitatori anche nei mesi meno frequentati. Settembre e ottobre, ma anche marzo e aprile, diventano mesi ideali per scoprire la Sardegna rurale, quella delle vendemmie, delle raccolte, dei laboratori artigiani.
Questo modello, già sperimentato con successo in alcune zone dell’isola, dimostra che turismo e agricoltura non sono settori separati, ma ingranaggi dello stesso motore. Il turista enogastronomico è più propenso a spendere, a restare più a lungo e a tornare. Ed è proprio questo tipo di visitatore che la Sardegna deve attrarre per uscire dalla logica del “tutto in agosto”.
Il legame tra turismo e agricoltura va quindi rafforzato con politiche concrete: incentivi per le aziende che aprono le porte al turismo rurale, investimenti nella formazione degli operatori, sostegno alle filiere corte e ai mercati locali. Il cibo sardo deve essere non solo buono, ma anche raccontato, promosso e vissuto come esperienza.
La Sardegna ha tutte le carte in regola per diventare un modello di turismo sostenibile basato sull’identità agroalimentare.
Ma per farlo, deve credere fino in fondo nel valore delle sue produzioni e nella capacità del territorio di parlarsi, cooperare, innovare. Turismo e agricoltura, insieme, possono rendere l’isola più forte, più attrattiva e più viva tutto l’anno.
Valeria Satta.