Il mondo del vino è un universo complesso, dove tradizione e tecnologia si incontrano per creare prodotti di eccellenza. In questo contesto, la figura del consulente enologo emerge come un pilastro fondamentale, capace di guidare le cantine verso obiettivi di qualità, sostenibilità e competitività. Ma qual è esattamente il suo ruolo? E perché sempre più produttori, dalle piccole realtà familiari ai grandi gruppi, scelgono di affidarsi a questi professionisti?  

Chi è il consulente enologo e cosa fa?  

Il consulente enologo è un esperto con competenze tecniche, scientifiche e agronomiche, specializzato nella produzione vinicola. Il suo lavoro inizia in vigneto, analizzando il terreno e selezionando le varietà di uva più adatte al microclima locale, e prosegue in cantina, supervisionando tutte le fasi: dalla fermentazione all’affinamento, fino al confezionamento.  

Secondo l’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino (OIV), un consulente enologo può migliorare la resa produttiva fino al 20-30% ottimizzando le pratiche agricole e riducendo gli sprechi. Inoltre, il suo intervento è cruciale per prevenire errori costosi, come fermentazioni indesiderate o contaminazioni microbiologiche, che possono compromettere intere annate.  

La scelta di un enologo richiede un’attenta valutazione di diversi aspetti. L’esperienza e la competenza tecnica rappresentano elementi centrali: è consigliabile verificare che il professionista abbia lavorato su progetti simili, preferibilmente con vini dello stesso tipo o provenienti dalla medesima area geografica. La conoscenza approfondita del territorio costituisce un requisito fondamentale, poiché un enologo esperto saprà valorizzare il terroir, interpretando correttamente le caratteristiche di clima, terreno e vitigni locali.

È importante, inoltre, che il professionista condivida la visione e lo stile desiderati per il vino. Un confronto chiaro sugli obiettivi può rivelarsi utile per valutare l’allineamento tra le aspettative del produttore e le competenze dell’enologo. Per chi pone attenzione alla sostenibilità, è opportuno scegliere un professionista con esperienza nell’adozione di pratiche biologiche o biodinamiche e nella conoscenza di tecnologie innovative del settore.

La capacità di comunicare e collaborare rappresenta un altro aspetto determinante. Un buon enologo deve essere in grado di lavorare in sinergia con il team, spiegando in modo trasparente ogni fase del processo e affrontando eventuali problematiche con soluzioni efficaci. Anche una solida rete di contatti e l’abitudine a un aggiornamento professionale continuo possono costituire un valore aggiunto significativo per il progetto.

Un ulteriore passo consiste nel raccogliere referenze e informazioni da altri produttori, al fine di valutare l‘affidabilità del professionista e la qualità del lavoro svolto in passato. Una valutazione accurata di tutti questi aspetti consente di individuare un enologo qualificato, in grado di accompagnare il progetto vinicolo con competenza, valorizzando il potenziale del vino e ottimizzando l’investimento.

I numeri

Mercato in crescita: Secondo un report di Wine Business Monthly, il 65% delle cantine con fatturato superiore a 5 milioni di euro si avvale di un consulente enologo. Anche le piccole aziende (under 1 milione di euro) stanno incrementando questa tendenza, con un +15% di richieste dal 2020.  

Impatto economico: Uno studio della Scuola di Enologia di Bordeaux ha calcolato che l’assistenza di un consulente può ridurre i costi di produzione fino al 12%, grazie a processi più efficienti e a un minor uso di prodotti chimici.  

Sostenibilità: Il 40% dei progetti di conversione al biologico o al biodinamico in Europa è coordinato da consulenti enologi, secondo dati FAO.  

Innovazione e sostenibilità

Oggi, il settore vitivinicolo deve affrontare sfide globali come i cambiamenti climatici e la richiesta di pratiche eco-friendly. Qui il consulente enologo diventa un innovatore: introduce tecnologie avanzate (es. sensori per il controllo dell’umidità), sperimenta lieviti autoctoni per ridurre l’uso di solfiti, e promuove l’uso di energie rinnovabili in cantina.  

Buone pratiche

In Italia, ad esempio, il Consorzio del Brunello di Montalcino ha coinvolto esperti enologi per sviluppare protocolli di irrigazione a basso impatto, riducendo il consumo idrico del 25% senza compromettere la qualità dell’uva.  In California, la cantina Silver Oak Cellars ha raddoppiato le vendite dopo aver collaborato con un team di enologi per perfezionare l’affinamento in barrique, ottenendo un vino più equilibrato e premiato con 95 punti da Wine Spectator.  In Piemonte, la cantina Gaja ha rivoluzionato le tecniche di vinificazione sotto la guida del consulente enologo Guido Rivella, diventando un simbolo internazionale del Barbaresco.  

Oltre ai vantaggi tecnici, la figura del consulente porta un valore aggiunto sul mercato. Un vino ben strutturato e con una storia credibile (ad esempio, legata alla sostenibilità) può raggiungere prezzi più alti. Le etichette certificate “green” hanno un premium price del 10-15% rispetto alle concorrenti tradizionali.  

In un mercato sempre più competitivo, dove il consumatore finale è attento alla qualità e alla trasparenza, il consulente enologo non è più un optional, ma un alleato strategico. Come sottolinea Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, «la consulenza enologica non è solo scienza, è la capacità di interpretare un territorio e trasformarlo in un’esperienza unica nel bicchiere».  

Nella foto Mariano Murru, presidente di Assoenologi Sardegna 

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