Partenza con il botto per Ideario22, il nuovo Festival culturale della città di Cagliari, che ha visto la partecipazione di circa 200 persone negli spazi della ex Manifattura Tabacchi. Tema della giornata la guerra in Ucraina con un dibattito animato dagli interventi degli inviati di guerra Fausto Biloslavo, Daniele Dell’Orco e Andrea Romoli. Il Festival è stato costruito con l’obiettivo di affrontare alcuni tra i principali argomenti che, negli ultimi tempi, hanno riguardato la comunità regionale, nazionale e internazionale, con uno sguardo attento alle dinamiche culturali, storiche, economiche e geopolitiche che ruotano intorno all’Europa e al Mediterraneo, evidenziando la centralità della sponda italiana, e quindi di quella sarda, nel Mare Nostrum.
Il direttore artistico, Fabio Meloni, nella sua introduzione ha parlato di un festival non conformista e dei libri come strumento indispensabile per la diffusione della cultura e della conoscenza. “Non bisogna avere paura di esprimere idee diverse e non conformiste. Cagliari, con questo festival, ritorna al centro del dibattito culturale nazionale. Ideario è un laboratorio e un’officina di idee”.
I saluti sono stai affidati al sindaco di Cagliari, Paolo Truzzu, secondo il quale l’idea alla base del Festival è poter creare uno spazio aperto, totalmente libero, di confronto e riflessione sul momento che stiamo vivendo: “Questo – ha detto il primo cittadino – ci aiuterà ad analizzare al meglio il momento che stiamo vivendo. Il cambiamento delle comunità del nostro paese, infatti, deve essere frutto anche del confronto e della riflessione, a maggior ragione in un momento storico in cui sembra che tutto sia governato da un pensiero dominante. Serve, quindi, confrontarsi anche con modelli diversi da quelli abituali perché ciò consente a una crescita individuale e collettiva. La cultura è uno straordinario strumento di crescita e di cambiamento”.
“Leggere la guerra”, così gli organizzatori hanno voluto intitolare il primo dibattito, moderato da Mauro Mazza, rinvigorito dai reportage video dei reporter che in questi mesi hanno raccontato il conflitto in Ucraina non senza sgomento per le atrocità viste nel cuore dell’Europa.
Il giornalista Fausto Biloslavo, quasi quarant’anni di reportage di guerra sulle spalle in giro per il mondo, ha affermato: “Non avrei mai immaginato una guerra di questo tipo, un conflitto convenzionale nel cuore dell’Europa. Ho seguito la disgregazione della ex Jugoslavia ma niente è paragonabile con quello che sta accadendo in Ucraina. Per 8 anni abbiamo messo la testa sotto la sabbia, questa guerra però non è iniziata il 24 febbraio del 2022 ma nel 2014. 8 anni di guerra a bassa intensità con armi che non sono certo spuntate dal nulla in questo lasso di tempo, ci si preparava da tempo a questo conflitto. Tutti eravamo convinti che i russi potessero entrare in Ucraina come una lama nel burro, con una guerra lampo che sarebbe durata poco tempo. Ma questo sogno del Cremlino non è andato a buon fine. E siamo ancora qui, in guerra”.
Biloslavo, che ha mostrato le immagini dei suoi mesi in Ucraina, è stato categorico: “Pensavo che si potesse trovare una terza via con la Russia come Europa ma con l’invasione dell’Ucraina in quel modo, tutte le occasioni di trovare una soluzione anche pacifica con Mosca è venuta meno. Dopo il 24 febbraio tutto è cambiato, il mondo non sarà più come prima. Primi 6 mesi, stime minime, ho calcolato in tutto 30.000 morti, il doppio dei morti che ci sono stati in 8 anni di guerra in Donbass. Bisogna dare le armi all’Ucraina ma non bisogna darle a fondo perduto, come se la guerra dovesse durare per sempre. Dare le armi non può in alcun modo essere lo strumento per fare dell’Ucraina un paese destinato a un decennio di guerra. Questa non è la soluzione. Armi, quindi, come strumento di pressione”.
Gli ha fatto eco Daniele Dell’Orco, giovane fotoreporter che ha seguito le vicende della guerra in Ucraina dall’altra parte, nelle porzioni di territorio occupate dai russi: “Il Donbass è stato uno dei teatri mondiali dei conflitti a bassa intensità, come ad esempio è il Nagorno Karabakh, che ho seguito direttamente un’area contesa tra l’Armenia e l’Azerbaijan, conflitto che nasce dal dissolvimento della ex Unione Sovietica. Sono stato anche in Kosovo ma mai e poi mai avrei pensato di vivere quello che ho visto in due mesi nelle aree dell’Ucraina meridionale, non solo il Donbass. Io non credo che si possa arrivare nel breve a un cessate il fuoco o a una trattativa di pace di qualsiasi tipo. Si tratta di una guerra quasi civile perché si parla di due popoli che per decenni sono sempre stati vicini e oggi posso dire che l’odio tra queste comunità cresce giorno dopo giorno, oramai sono popoli nemici. Per questo – ha continuato Dell’Orco – non credo nella pace nell’immediato. Anche perché i destini delle guerre, alla fine, li decidono i popoli e non i governi. Per quanto riguarda la Crimea, posso dire che la Russia non ci rinuncerà mai perché significherebbe perdere il controllo sul Mar Nero. E la Russia non restituirà mai la Crimea se non dopo una sconfitta militare. Non ci sono alternative”.
Infine la parola all’inviato del Tg2 Andrea Romoli: “Le guerre le ho vissute in prima persona ma non come giornalista ma come soldato. Ho seguito la guerra in Ucraina, per la prima volta, in quanto esperto, perché ci capivo qualcosa visto che ho indossato la divisa e ne ho discusso e parlato affrontando il conflitto dal punto di vista tecnico. E quando sono andato in quel paese, per un caso del destino, sono andato a Bucha. Quello che ho visto lì – ha concluso il giornalista della RAI – supera davvero la mia comprensione. Ho visto di tutto, cadaveri, corpi fatti a pezzi. Quello che ho visto lì non l’avevo mai visto come soldato. Un massacro fatto da soldati che pure dovrebbero avere come guida delle loro azioni la lealtà e il rispetto dei civili. Ma quello che ho visto in quella città, ripeto, davvero supera la mia comprensione”.