Il cibo sano allunga la vita. Del resto la relazione della buona alimentazione con la salute è conosciuta fin dai tempi di Ippocrate, noto anche per la frase “fai del cibo la tua medicina”. In Sardegna questo legame è ancora più forte: infatti, oltre all’ambiente incontaminato e allo stile di vita sano, è proprio il cibo a giocare un ruolo decisivo nella longevità dei suoi abitanti, soprattutto di quelli che vivono tra l’Ogliastra e una parte della Barbagia.
Ricercatori di mezzo mondo sono convinti che la dieta tipica dei pastori sardi sia l’elisir di lunga vita che consente a tantissimi uomini e donne che vivono in queste zone dell’isola di raggiungere il traguardo dei cento anni. Ne sono convinti studiosi come il demografo belga Michel Poulain e il sardo Gianni Pes che hanno trascorso tantissimo tempo nei piccoli centri delle montagne ogliastrine a intervistare i protagonisti della longevità sarda.
Tra i cibi il formaggio occupa un posto di primo piano, proprio perché intorno a questo prodotto ruotava, ieri come oggi, la vita del pastore la cui dieta era basata anche su cibi freschi di produzione locale, legumi e verdure in quantità, rigorosamente di stagione, e un buon bicchiere di vino rosso, preferibilmente il cannonau. Il pastore, che trascorreva gran parte del suo tempo lontano da casa, poteva contare anche sugli alimenti ottenuti dagli allevamenti della zona come i latticini e la carne, in particolare ovina e caprina.
La carta vincente per campare cent’anni sembra però essere proprio un un mix calibrato di formaggi pecorini. Così almeno ha scoperto il ricercatore dell’università di Sassari Luca Deiana. Non tutti i formaggi hanno le stesse qualità: a fregiarsi del titolo di cibo della longevità c’è prima di tutto “su casu axedu”, detto anche la colazione dei pastori. Di origine nuragica, è una cagliata di latte di capra o pecora, particolarmente acida, che viene prodotta soprattutto in Ogliastra, annoverata tra le cinque “Blue zone” del mondo assieme a Ikaria in Grecia, alla penisola di Nicoya in Costa Rica, a Loma Linda in California e all’isola di Okinawa, Giappone. In questa zona della Sardegna sono decine le aziende che producono casu axedu. Da Gairo a Urzulei, passando per Arzana e Villagrande. Solo per citare alcuni dei luoghi simbolo della longevità.
LA PREPARAZIONE – Durante i mesi invernali il latte viene scaldato fino a raggiungere la temperatura di circa 35-37 gradi (in estate il latte viene lavorato a temperatura ambiente) quindi viene aggiunto il caglio (caglio di vitello commerciale o caglio di capretto o di agnello in pasta) e un cucchiaio di siero conservato dalla cagliata precedente. La coagulazione avviene in circa 10-15 minuti, mentre per l’indurimento del coagulo sono necessarie 4-5 ore. Non appena in su caddargiu (calderone di rame) affiora un filo di siero, la cagliata viene tagliata in pezzi irregolari del peso di circa 150-300 grammi e lasciata riposare per circa 24 ore prima di essere consumato.
Un altro formaggio che si può fregiare del titolo di “cibo dei centenari” è “su casu in filixi”, tipico prodotto di Seulo, paese montano situato nella omonima Barbagia. Di origini antichissime, è un formaggio di pasta molle su foglie di felce e dalla bontà unica che è stato inserito anche nell’elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali della Sardegna (Pat). Ancora oggi viene prodotto dai pastori: la cagliata viene adagiata appunto su foglie di felce che poi la ricoprono. Così pressata si lascia sgocciolare per far rilasciare il siero. E le felci lasciano la loro impronta sulle superfici, una antichissima metodica di “stampa su formaggio”. Da consumarsi fresco, ha il gustoso sapore muschiato delle foglie della pianta e il caratteristico profumo del formaggio caprino e ovino.
Nella sua forma e preparazione racchiude, perfettamente conservata, tutta la sua storia. Il capraio, infatti, deve vagare continuamente inseguendo le sue bestie al pascolo nelle montagne ancora incorniciate da foreste primarie e campi di felce. Il suo ovile ha un’architettura preistorica di una sola stanza rotonda ”su Pinnettu”, con una copertura a forma conica con travi di ginepro o leccio. All’ interno si creano dei graticci per conservare, affumicare e stagionare il formaggio. Il tetto all’esterno viene ricoperto da frasche, che garantiscono una perfetta copertura. In questo contesto ha la sua naturale territorialità storica ”su casu in filixi” prodotto dai pastori nel periodo estivo e realizzato con l’ausilio delle felci che ne conferiscono la particolare forma.
LA PREPARAZIONE – Su casu in filixi” viene prodotto con il latte estivo nel periodo compreso tra giugno e agosto. La lavorazione di questo formaggio inizia con la mungitura delle capre o delle pecore. Il latte ottenuto viene filtrato e versato in apposito paiolo dove vi si scioglie il caglio di capretto o agnello. Dopo circa mezz’ora si materializza una candida e consistente cagliata. A questo punto, nelle forme si pone un telo di lino o cotone e vi si stendono le foglie di felce alla base. Con un mestolo bucato si raccolgono strati sottili di cagliata e si adagiano nella forma. Altro strato di felce e strato di cagliata e così per 4, 5 strati. Si ripiega il telo, si chiude legandolo alle estremità e si appende per favorire la fuoriuscita del siero. Qualche ora di colatura ed il formaggio è pronto per essere sfogliato.