Niente pomodoro, quindi non è un’Amatriciana. Però ci sono il guanciale e il pecorino, rigorosamente sardi. Allora è una Gricia rivisitata? No, perché qui le cose le vogliamo fare a modo nostro, con quel tocco che ci rende unici anche nella sfida impossibile con le paste romane, monumenti della cucina italiana nel mondo. E infatti il tocco finale, oltre un filo d’olio extravergine d’oliva, sono le scaglie di tartufo di Laconi, l’oro nero di Sardegna, un prodotto di nicchia che rende questa pasta davvero speciale, un vero e proprio piatto gourmet per palati raffinati.
Del guanciale sardo e del pecorino isolano (che per questa ricetta non deve essere troppo stagionato e neanche eccessivamente sapido) sappiamo pressoché tutto, molto meno di questo prezioso tubero che cresce nel Sarcidano, tra le campagne di Laconi e Nurallao. Un prodotto sconosciuto ai più che pure vede impegnate delle piccole aziende del territorio che lo trasformano in altrettanti prodotti di nicchia. La varietà più diffusa del tartufo sardo è lo scorzone, il tartufo nero estivo, il cui prezzo di vendita oscilla dai 150 ai 200 euro per un chilo. Meno di due quintali invece per il bianchetto, detto anche marzuolo che, essendo più pregiato, può raggiungere i 400 euro al chilo sul mercato.
Questa ricetta ha varie versioni, i rigatoni, pur non essendo una tipologia di pasta sarda, continuano a essere forse i più adatti. Se si vuole rimanere nel solco dell’identità culinaria, allora ci sono almeno due versioni, completamente diverse tra loro. La prima è con i ravioli ripieni di ricotta aromatizzati all’arancia. L’abbinamento è davvero sorprendente. Nella versione “ripiena” si può optare anche per una noce di burro al posto dell’olio, ad aumentare così quella parte grassa già rilasciata dal guanciale nel suo profumato rilassarsi in padella.
La versione più tradizionale può essere fatta con i Malloreddus, forse il formato di pasta più famoso e riconosciuto non solo in Sardegna ma in tutta la penisola, e anche con le Lorighittas, un formato preparato con acqua e farina di semola di grano duro rimacinata, che raccontano una spiccata manualità delle donne sarde. Sono riconosciute come PAT, Prodotto Agroalimentare Tradizionale, tipiche del comune di Morgongiori, in provincia di Oristano, e ricordano la forma di un anello intrecciato.
La Ricetta
Ingredienti
300 grammi di pasta
200 grammi di guanciale,
150 grammi di pecorino sardo grattugiato,
sale (q.b.)
pepe (q.b.)
olio extravergine d’oliva
Tartufo di Laconi (scaglie)
Preparazione
In una padella mettere il guanciale che deve essere tagliato grossolanamente e non a tocchetti troppo piccoli. Cucinare a fuoco moderato, affinché il guanciale rilasci il suo grasso. Spegnere il fuoco e mettere la padella da una parte. Intanto cucinate la pasta in acqua bollente e leggermente salata. Poco prima di scolare la pasta, metti la padella di nuovo nel fuoco e fai ravvivare il guanciale con il suo grasso. Scola direttamente la pasta nella padella. Aggiungi il pecorino grattugiato, uno o due cucchiai di acqua di cottura e un filo di olio o una noce di burro. Concludi affettando il tartufo a scaglie sopra la pasta. Il piatto è pronto per essere mangiato. Per gli amanti del pepe nero, una piccola macinata in chiusura ha un suo perché.
Vino
Noi abbiamo scelto di abbinare questo primo piatto con il Nuracada Isola dei Nuraghi IGT Bovale, prodotto dalla Cantina Audarya di Serdiana da vigne che si trovano in terreni calcareo argillosi a 160 metri sopra il livello del mare. Di colore rosso rubino carico, all’olfatto si presenta con sentori di spezie dolci e piccoli frutti rossi che tendono alla confettura. Il sapore è morbido e delicatamente tannico. Un vino armonico che non sovrasta il piatto e rimane pieno in bocca ad ogni suo assaggio. Abbinamento ovviamente anche con carni rosse, arrosti, insaccati, salumi e formaggi stagionati o erborinati. Meraviglioso da meditazione.
(Valeria Satta)