Giorgia Bistrusso, fashion designer sarda

Giorgia Bistrusso, nata nel 1981 a Cagliari, ha fondato il suo brand ‘Bistrusso’ come simbolo di unione tra tradizione e modernità. Dopo la formazione a Firenze e Londra e un’esperienza con marchi internazionali, nel 2010 è tornata in Sardegna per condurre ricerche sul campo e selezionare artigiani. Nel 2013 ha avviato definitivamente il brand, dando vita a una linea di borse e accessori che combina materiali tipici dell’isola, come pelle e sughero, con un design moderno e minimalista. Le sue collezioni riflettono un profondo legame con l’artigianalità sarda, ispirandosi ai ricami e alle tecniche tessili apprese nell’infanzia. Tutte le collezioni sono interamente realizzate nell’isola, dove design e artigianato si incontrano. Nei laboratori artigianali, ricamatrici, tintori, coltellinai, fabbri, sarti e magliaie lavorano con maestria per creare articoli di alta qualità, ricercati e raffinati, arricchiti da preziosi ricami su sughero e pellame, rappresentando così il vero Made in Italy.

Giorgia, la tua ultima collezione “Genève”, presentata in anteprima a La Rinascente, è stata un grande successo. Ci puoi raccontare da dove nasce l’ispirazione per questa collezione?

“Genève” si ispira alla città di Ginevra, in particolare ai colori del Lago di Ginevra. Ho voluto esplorare tonalità minimali e sofisticate che richiamano la calma e la profondità delle sue acque. Il marrone bruciato e il tortora rappresentano la quiete, mentre i pellami argentati, che si tingono di nero con il calare della sera, evocano un’atmosfera più misteriosa e raffinata.

Tra i modelli della collezione, spicca la borsa Lune. Qual è la storia dietro questo pezzo?

La borsa Lune è ispirata alla morbidezza e alla fluidità della luna. Il manico intrecciato e le forme delicate evocano un senso di leggerezza e femminilità. Volevo creare un pezzo che fosse versatile, elegante, ma allo stesso tempo funzionale. È una borsa che può accompagnarti sia di giorno che di sera, mantenendo sempre un fascino discreto.

Nella tua carriera, hai sempre mantenuto un forte legame con l’artigianato locale. Come riesci a bilanciare tradizione e innovazione nelle tue creazioni?

Per me, tradizione e innovazione sono inseparabili. La mia esperienza di ritorno in Sardegna nel 2010 mi ha permesso di riscoprire l’artigianato della mia terra e di collaborare con artigiani locali. Ogni pezzo che creo è frutto di un processo manuale, dal design alla realizzazione, e l’innovazione entra in gioco nel design stesso e nei materiali. Credo che questo equilibrio sia fondamentale per creare accessori che abbiano un’anima e raccontino una storia.

Le tue collezioni riflettono una femminilità sobria e decisa. Quanto sono importanti le tue radici sarde nel definire l’identità del brand?

Le mie radici sarde sono centrali nel mio lavoro. Le tradizioni, i ricami, le tecniche tessili che ho imparato da bambina nella casa di mia nonna a Laconi sono presenti in tutto ciò che faccio. Anche se le mie borse si rivolgono a un pubblico internazionale, non perdo mai di vista il legame con la mia terra. Mi piace pensare che chiunque indossi una mia borsa possa portare con sé un pezzo della storia e dell’artigianato sardo.

La tua attenzione alla sostenibilità è uno dei pilastri del tuo brand. Come gestisci la scelta dei materiali?

La sostenibilità è un valore fondamentale per me. Cerco di utilizzare materie prime locali, come la pelle e il sughero (che oggi utilizzo meno che in passato), che sono non solo parte della tradizione sarda, ma anche materiali durevoli e rispettosi dell’ambiente. Ogni fase della produzione è controllata per garantire che rispetti standard di qualità e sostenibilità.

Hai partecipato a eventi internazionali di grande prestigio, come la Milano Fashion Week e la Guangxi Design Week in Cina. Come ti senti nel rappresentare il Made in Italy a livello globale?

È un grande onore per me. Rappresentare il Made in Italy significa portare avanti una tradizione di eccellenza, qualità e creatività. È anche una grande responsabilità, perché il mondo ci guarda con grandi aspettative. Partecipare a questi eventi mi ha permesso di entrare in contatto con culture diverse e di imparare tanto. Allo stesso tempo, mi consente di mostrare al mondo la bellezza dell’artigianato sardo e italiano.

Le tue borse hanno già riscosso notevole successo nel mercato del lusso, soprattutto in Oriente. Come hai vissuto questo riconoscimento?

È stato emozionante vedere come le mie borse siano state apprezzate nel mercato del lusso orientale (Cina, Emirati Arabi, Arabia Saudita ma anche da compratori in Giappone e Corea) un contesto che presta particolare attenzione all’unicità e alla qualità artigianale. In Oriente, i clienti apprezzano molto lo stile e il design italiano, l’unicità dei pezzi prodotti da artigiani locali e la storia che si nasconde dietro ogni manufatto. Le mie borse, con i loro ricami e la loro specialità hanno trovato uno spazio naturale in quel mercato. È un riconoscimento che mi spinge a continuare a creare prodotti che fondano lusso e tradizione.

Oltre alla tua attività di designer, possiedi anche l’Archivio Bistrusso, una collezione davvero affascinante. Puoi raccontarci di più su questo tesoro storico?

L’Archivio Bistrusso è un progetto a cui tengo moltissimo. Si tratta di una collezione di oltre mille pezzi, tra cui borse, cappelli, abiti maschili e femminili, che coprono un periodo storico che parte dalla fine dell’Ottocento. È un archivio che non solo racconta l’evoluzione della moda, ma anche l’importanza degli accessori e del design nel tempo. L’archivio include firme importanti come Christian Dior, Armani, Valentino, Margela, Yamamoto, Cavalli, Kenzo, Ferragamo e molti altri. Questo archivio rappresenta per me una fonte inesauribile di ispirazione.

Come hai raccolto questi pezzi così unici e rari?

Alcuni di questi pezzi fanno parte della mia eredità familiare, mentre altri sono stati acquistati nel corso degli anni durante i miei viaggi e attraverso aste specializzate. Sono sempre stata affascinata dalla storia della moda, e l’archivio è una sorta di finestra sulle epoche passate. Ogni pezzo ha una sua storia, e attraverso l’archivio voglio preservare e raccontare queste storie, mostrando come la moda sia sempre stata una forma d’arte e di espressione culturale.

Il mondo della moda raccontato attraverso le esposizioni. Quali sono le mostre più interessanti viste negli ultimi mesi?

Partirei dal nuovo allestimento del Museo della Moda e del Costume a Palazzo Pitti che offre ai visitatori un’antologia di rari e preziosi abiti corredati da accessori, scarpe, cappelli, ventagli, parasole, borse. Mi piace l’idea che sta alla base del nuovo allestimento voluto dal Direttore Simone Verde e dalla curatrice del museo Vanessa Gavioli, ovvero il dialogo costante fra gli abiti e gli accessori e le più diverse forme d’arte, in primo luogo la pittura. Sempre a Firenze, città dove ho studiato e mi sono formata, ho tratto nuova ispirazione da una nuova visita del Museo Salvatore Ferragamo: le sue calzature sono opere d’arte, fanno parte di una storia epica del nostro paese. Ferragamo è uno dei grandi protagonisti del design e della moda del XX secolo. Chiunque si occupi di accessori di moda non può trascorrere del tempo tra le sale di questo museo, un luogo ideale per trarre ispirazione e alimentare la creatività di una fashion designer. Infine, sono rimasta ammaliata dalla mostra di Dolce&Gabbana (Dal Cuore alle Mani) a Milano, forse una delle esposizioni più belle che ho potuto ammirare negli ultimi tempi insieme a quella di New York dedicata a Karl Lagerfeld, il genio creativo di Chanel. 

Una mostra che ti ha sorpreso?

Una piccola mostra dedicata a Coco Chanel (“Coco Chanel, Beyond Fashion”). Anche in questo caso qui la stilista francese è stata raccontata attraverso un dialogo costante tra arte e moda. Ho potuto ammirare immagini di fotografi come André Kertesz, Man Ray e François Kollar, tra i quali alcuni dei ritratti più iconici di Chanel e scene del suo leggendario appartamento all’Hotel Ritz di Parigi, che hanno condiviso lo spazio espositivo con opere di Salvador Dalí (che ha disegnato il flacone del profumo Chanel No. 5), sculture di Apel.les Fenosa, dipinti di Tamara de Lempicka, Óscar Domínguez e Josep María Sert, litografie e incisioni di Pablo Picasso. La mostra includeva anche una sezione sulla moda dell’epoca, con riferimenti a nomi come Elsa Schiaparelli e Madeleine Vionnet, anche loro creatrici la cui influenza trascende il passare del tempo. Davvero una sorpresa.

Tra i progetti che hai curato recentemente c’è la mostra “Mettitelo in testa”, dedicata al cappello. Come è nata questa idea?

La mostra “Mettitelo in testa” è nata dalla mia passione per i cappelli e dalla voglia di esplorarne il ruolo nella storia e nella cultura. Il cappello è un accessorio che ha sempre avuto un grande valore simbolico, sia in passato che oggi. Con Giovanni Ottonello e Tramare, abbiamo voluto creare un evento che unisse arte, moda e cultura, mostrando il cappello in tutte le sue forme e interpretazioni. È stato un progetto molto stimolante, che mi ha permesso di esplorare nuovi linguaggi creativi.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Continuerai a dedicarti sia al design che alla curatela di mostre?

Sto lavorando a nuove collaborazioni con brand emergenti e a progetti internazionali, ma voglio continuare anche a curare mostre. La curatela mi permette di esplorare la moda da una prospettiva culturale, valorizzando l’aspetto storico e artistico dei capi e degli accessori. Inoltre, mi sto concentrando sulla formazione di giovani designer, specialmente nel campo degli accessori, per trasmettere loro l’importanza dell’artigianato e della qualità.     

 

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