Mont’e Prama, Barumini, Alghero, Pula e Isola del Romanico. La seconda giornata di Archeologika 2022 ha messo a confronto il modello delle fondazioni che in Sardegna operano per la creazione e attuazione di un modello vincente per valorizzare i beni culturali in chiave turistica. Quella che si è vista sul palco dell’expo del turismo archeologico, in corso nella passeggiata coperta del Bastione di Cagliari, è stata anche la rappresentazione plastica dell’esistenza di un sistema capace di mettere in rete i soggetti che a vario titolo operano in Sardegna per tutelare, valorizzare e promuovere un patrimonio composto da centinaia di siti archeologici sparsi in tutte le zone della Sardegna. Tutti potenziali attrattori turistici che hanno bisogno, per trasformarsi in vero e proprio motore dello sviluppo economico e culturale dell’isola, non solo di risorse economiche ma soprattutto di strumenti legislativi e amministrativi capaci di rendere più agile la realizzazione dei progetti. Certamente le fondazioni, almeno a sentire le esperienze raccontate nel corso di Archeologika 2022, hanno queste caratteristiche e rappresentano, soprattutto per il futuro, la carta vincente per dare corpo a un modello di turismo archeologico capace di competere con gli altri mercati, nazionali e internazionali.
Emanuele Lilliu (Fondazione Barumini Sistema Cultura) ha illustrato l’esperienza della fondazione con la storia più lunga (attiva dal 1 gennaio del 2007), con l’unico sito Unesco, Su Nuraxi, presente in Sardegna. È stata sottolineata l’importanza di dialogo tra le associazioni, creando collegamenti con territori e amministrazioni di aree della Sardegna che non hanno il mare eppure sono visitate ogni anno da migliaia di turisti, molti dei quali provengono dall’estero. È la dimostrazione, ha sottolineato Anthony Muroni (Mont’e Prama) che quando si lavora bene, esattamente come stanno facendo in questo momento le fondazioni, è possibile costruire un modello di turismo non legato alle sole coste, soprattutto in aree della Sardegna, come ad esempio il territorio del Sinis, non favorite dal sistema dei trasporti. La percentuale dei turisti balneari che decide di visitare il Museo dei Giganti – e gli altri siti archeologici – ad ogni modo è ancora bassa. Per questo motivo, la Fondazione Mont’e Prama nei prossimi anni lavorerà per aumentare questa percentuale.
Secondo Muroni, poi, le fondazioni devono avere il ruolo di “facilitatori” nella comunicazione tra tutti gli enti che, non senza difficoltà, lavorano per tutelare e valorizzare i beni culturali dell’isola. Rimangono ancora problemi legati alla burocrazia, soprattutto per una Fondazione, come quella di Mont’e Prama, che è partecipata da altri soggetti, come il Ministero della Cultura, ma l’esperienza del primo anno dimostra che se gli obiettivi sono chiari, i risultati si raggiungono e anche velocemente. Grazie all’accordo con il Centro Regionale di Programmazione, e le risorse a disposizione, la Fondazione Mont’e Prama si occuperà direttamente dell’infrastrutturazione dei più importanti siti del parco del Sinis, tagliando i tempi di realizzazione di progetti che cambieranno il volto della terra dei Giganti.
Per Emilia Franca Pinna (Fondazione Pula Cultura Diffusa), l’ultima arrivata tra le fondazioni sarde, il sistema della rete è la carta vincente: “Bisogna camminare tutti assieme, il mio sogno è quello di presentarci sempre con una voce unica per essere più forti di fronte alle prossime sfide, sia nazionali che internazionali”. Un auspicio raccolto da tutti i protagonisti di un confronto che ha raccontato anche le esperienze dei vari territori.
Andrea Delogu (Fondazione Alghero) ha evidenziato come il modello delle fondazioni dia più agilità e sveltezza rispetto a un ente locale e ha parlato di un’esperienza assolutamente positiva perché consente un confronto con le istituzioni diretto e più efficace.
Antonello Figus (Fondazione Isola del Romanico), infine, ha portato l’esperienza di una realtà che mette insieme quasi 90 comuni dell’isola e che oggi porta all’attenzione nazionale un patrimonio, quello del romanico in Sardegna, poco conosciuto a livello nazionale eppure capace di suscitare stupore e ammirazione per il grado di conservazione di un patrimonio che da quasi un millennio viene protetto dalle comunità locali.
L’evento è stato moderato da Jimmy Spiga (nella foto con Anthony Muroni)