(Federica Cannas) – C’è un luogo, dentro ognuno di noi, dove i pensieri scorrono liberi, senza ordine, senza regole. È quel luogo che spesso cerchiamo di mettere in ordine, di razionalizzare, ma che rimane un fiume ribelle, impossibile da arginare. Questo luogo, così caotico e puro, è ciò che lo stream of consciousness, il flusso di coscienza, cerca di catturare. Non è una tecnica letteraria, non solo, almeno. È un viaggio nella mente umana, che ci mette a nudo, mostrandoci per quello che siamo: frammenti, emozioni, ricordi, intuizioni.

Quando ci immergiamo in un testo che utilizza il flusso di coscienza, è come entrare nella mente di qualcun altro, ma non dalla porta principale. No, entriamo da un ingresso segreto, come intrusi, ascoltando pensieri che non sono stati filtrati, pensieri che non sono stati sistemati per sembrare logici o coerenti. È una magia unica, che ci avvicina a un livello di intimità non facile da raggiungere con le parole “normali”.

Immaginiamo di camminare per strada e, mentre respiriamo l’aria fresca, un profumo familiare ci colpisce e all’improvviso siamo di nuovo bambini, in una cucina, con le mani sporche di farina, mentre aiutiamo la nonna a preparare i biscotti. Quel ricordo non arriva ordinato. È un lampo. Un’emozione, un’immagine, una sensazione. Questo è il flusso di coscienza. Il modo in cui la nostra mente si muove, saltando da un momento all’altro, dal presente al passato, senza avvertirci.

Scrittori come Virginia Woolf James Joyce ci hanno regalato questa esperienza unica. Nelle loro opere il pensiero non segue un percorso lineare. Si perde, si avvolge su se stesso, si arrampica su emozioni e ricordi lontani, ha una bellezza irregolare e imprevedibile.

Pensiamo a Mrs. Dalloway di Virginia Woolf. La sua Clarissa non ci parla. Non si presenta a noi con una descrizione ordinata. No, la seguiamo mentre cammina per Londra, ascoltando i suoi pensieri che vanno e vengono. Un ricordo d’infanzia, il rimpianto per un amore perduto, la preoccupazione per una festa. Ogni pensiero è un frammento di vita, una finestra aperta sulla sua anima.

E poi c’è James Joyce con il suo Ulysses, dove il flusso di coscienza raggiunge il suo apice con il monologo di Molly Bloom, uno dei momenti più potenti della letteratura del Novecento.

Leggere quel monologo significa abbandonarsi completamente alla mente di Molly. Non ci sono punteggiature a guidarci, non ci sono pause. Le sue parole scorrono come un fiume in piena, un flusso continuo di ricordi, desideri, dubbi e sensualità. Molly non si limita a raccontarsi: vive sulla pagina, respira, ama, si interroga. È una donna che, attraverso il suo pensiero, rompe ogni schema e non censura nulla. Il suo desiderio, le sue contraddizioni, il suo amore. È tutto lì, in quelle parole che non si fermano mai, che ci travolgono come onde. Il pensiero che non si lascia addomesticare, che corre libero. Il flusso di coscienza non si adatta a noi, siamo noi che dobbiamo adattarci a lui.

Ciò che rende il flusso di coscienza così potente è proprio il suo rifiuto del controllo. Nella vita quotidiana, siamo abituati a ordinare i nostri pensieri, a scegliere cosa dire e cosa tacere, a costruire una narrazione che abbia senso per chi ci ascolta. Ma dentro di noi, nella nostra mente, le cose non funzionano così. Il pensiero è disordinato, contraddittorio, spezzato. Il flusso di coscienza accetta questo caos e lo trasforma in arte.

È una sfida, certo. Non è una lettura facile. Ci costringe a lasciare andare la voglia di capire tutto, di trovare risposte immediate. Ma ci offre qualcosa di unico, ossia la possibilità di essere veramente dentro la vita di qualcun altro, senza filtri. È un’esperienza che ci ricorda quanto siamo umani, quanto siamo complessi, quanto è bello non essere perfetti.

Leggere un’opera che usa il flusso di coscienza non è come entrare in un sogno. Non importa capire tutto. Non importa ricordare ogni dettaglio. Importa sentire, lasciarsi trasportare, accettare che il pensiero umano è un mosaico di frammenti che, messi insieme, creano qualcosa di bello.

Forse, in un certo senso, tutti noi viviamo in un flusso di coscienza continuo. E forse è proprio questo che rende la letteratura così potente. Ci dà il coraggio di guardare quel caos e di trovarci non solo bellezza, ma anche noi stessi.

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